ROMA - Non filmare i figli in piscina! A Trento ti prendono per un pedofilo.
Non darti appuntamento con gli amici in un giardino pubblico la sera! A Novara ti considerano un malintenzionato. Non berti una
birra all'aperto! A Brescia passi per un ubriacone. Non fumare nei
parchi-giochi! A Verona dicono che non sta bene. Non fare il bagno a Sorrento e
non raccogliere cozze a Napoli! In Campania il mare di oggi
è infido come le strade di ieri. Non avvicinarti alla caletta più bella
dell'Asinara! Solo le vacche possono passeggiarci e lasciare enormi souvenir.
Non denudarti nelle spiagge dei nudisti! A Ravenna, sul Garda
e sull'Adda, come a Palazzo Chigi, ritengono che un
capezzolo possa provocare turbamenti (evidentemente, non guardano la Tv). E'
l'estate del divieto a go-go. Tutto ciò che si vorrebbe fare costa
caro, e il resto è vietato. Non tutti i divieti, ovviamente, sono
uguali. Ce ne sono d'inquietanti (Trento), d'impotenti (Novara)
e di anacronistici (Ravenna). Alcuni sono segni di disperazione (Brescia); altri contengono una
dose di buon senso (Verona). Non c'è dubbio comunque
che l'autorità italiana — irrisa dall'inosservanza delle regole — abbia
trovato, nella proibizione, una consolazione. Anzi, una ragion d'essere. Veto ergo sum. Cominciamo da Trento. In
quella bella e civilissima città se inquadri con la videocamera o il telefonino una vasca piena di bambini diventi sospetto. La
piscina — spiega Roberto De Carolis, direttore della
società che gestisce 92 impianti sportivi — è infatti
un «territorio fertile per un certo tipo di reato». Che
dire? La preoccupazione è genuina, ma il rimedio è inquietante. Siamo ridotti
come gli Usa, dove i bambini nudi — su una spiaggia o in una foto di famiglia —
sono tabù da almeno vent'anni. Perdita dell'innocenza
o paranoia collettiva? Siamo per la risposta numero due.
A Novara il sindaco Massimo Giordano impedisce di
fermarsi in parchi e giardini dopo le 11 di sera, in più di due persone; a
Brescia il collega Adriano Paroli vieta il consumo di alcolici sul suolo pubblico (finirà, di nuovo, come in
America, la gente berrà direttamente dal sacchetto). I divieti transpadani
equivalgono a una confessione d'impotenza: siccome non
riusciamo a impedire qualcosa a qualcuno, proibiamo molto a tutti. Sia chiaro:
i bivacchi molesti sono un marchio di questa povera estate italiana, e qualcosa
va fatto. Ma per punire spacciatori, ubriaconi e
piantagrane c'è — ci sarebbe — il codice penale. In Italia, evidentemente, è
troppo difficile far rispettare le norme esistenti. Meglio
inventarne di nuove, pur sapendo che finiranno come quelle vecchie.
Altri divieti sono più tradizionali: sulla salute delle cozze, a Napoli, c'è
più letteratura che su Eduardo De Filippo. Il divieto di fumo nei parchi-giochi
a Verona, invece, appare ragionevole: non tanto perché i bimbi, all'aperto,
siano vittime del fumo passivo; ma perché non è simpatico saltare e correre tra
i mozziconi. Per lo stesso motivo, nella tollerante Sydney, hanno vietato il
fumo a Bondi Beach. La spiaggia stava diventando un
immenso posacenere. Il divieto logico è tuttavia in minoranza, nell'Italia
neo-proibizionista (a parole). Il divieto più buffo è quello di mettersi nudi
in luoghi appartati, al mare, al lago o lungo i fiumi. Oggi, siamo certi,
neppure Oscar Luigi Scalfaro avrebbe nulla da dire se
una dozzina di adulti consenzienti si ritrovassero per
dondolare un po' di carne in pubblico. Ma sull'Adda, sul
Garda e sull'Adriatico ritengono la cosa assai sconveniente: il senso
del pudore cambia, certa gente mai. Un consiglio alle autorità in questione: se
vi avanzano agenti in borghese, non sguinzagliateli dietro ai glutei di un
vice-preside naturista. Mandateli a Novara o a Brescia dove, oggettivamente, da
fare ce n'è.
Beppe Severgnini
03 agosto 08
www.corriere.it/italians
www.beppesevergnini.com